Tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi di essi se ne ricordano; o ancora, è il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante. Sono solo due delle citazioni più conosciute del Piccolo Principe, l’opera più nota di Antoine de Saint – Exupéry. Sicuramente anche a voi è capitato di leggere questo piccolo grande libro, magari da bambini; e forse proprio per questo, vi è capitato di relegare questo principe al ruolo di educatore per la vostra prima infanzia, ma null’altro. Ma siamo sicuri non ci possa più insegnare o comunicare qualcosa di importante ora (e forse, soprattutto ora) che siamo degli adulti? Che dietro questi ventisette brevi capitoli non ci possano essere spunti per riflessioni più profonde?
Sono state queste considerazioni e un’innata curiosità a voler provare a mettere su carta ciò che questo libro mi spingeva a considerare e a condividerle. Mi sento di dover specificare che il mio punto di vista non è né quello di una studiosa in materia, né di un’insegnante; solamente quello di una lettrice che vorrebbe provare a ricordarsi cosa significa essere bambini.
In questo primo episodio vorrei innanzitutto soffermarmi sulla dedica (e relativa spiegazione) che ci apre le porte alla lettura di questo libro.
A Leone Werth.
Domando perdono ai bambini di aver dedicato questo libro a una persona grande. Ho una scusa seria: questa persona grande è il migliore amico che abbia al mondo. Ho una seconda scusa: questa persona grande può capire tutto, anche i libri per bambini. E ne ho una terza: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata. E se tutte queste scuse non bastano, dedicherò questo libro al bambino che questa grande persona è stata. Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano.)
Perciò correggo la mia dedica:
A Leone Werth
quando era un bambino»
Con una schiettezza propria spesso dei bambini, Antoine mette subito in chiaro il piano della narrazione: quest’opera non è scritta da un adulto per dei bambini, come a voler intendere un piano in discesa della trattazione, un voler semplificare, un guardare dall’alto in basso, (atteggiamento che forse inconsciamente assumiamo verso i più piccoli). Al contrario, lo scrittore si mette sullo stesso piano di questi ultimi, preparandosi non una, bensì tre giustificazioni per poter farsi perdonare, in un’evoluzione che culmina con il modificare la dedica stessa, specificando a Leone Werth, quando era un bambino. Antoine ribalta il senso comune: si presenta con una scusa seria; rincara la dose specificando che Werth può capire tutto, anche i libri per bambini; infine palesa la situazione dell’amico in piena guerra: questa persona grande abita in Francia, ha fame, ha freddo e ha molto bisogno di essere consolata (Il Piccolo Principe è stato infatti pubblicato nel 1943, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale). Il conoscere e il voler dialogare con un bambino non sono quindi attività semplici, anzi: nemmeno una capacità omnicomprensiva (può capire tutto) potrebbe essere abbastanza. E come chiosa finale della spiegazione, quasi a voler dimostrare l’importanza e la veridicità delle sue giustificazioni e a chiedere perdono per tutti gli adulti del mondo, Antoine afferma: Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano). Per poter affrontare correttamente questo romanzo bisogna quindi cambiare ottica, mettersi in discussione. Deponiamo quindi i nostri pregiudizi e ripartiamo dal punto di vista di un bambino.
Disegno realizzato da Alessandra Palombelli .
Trovate il commento per i più piccoli qui.